Senza mutandine al supermercato
Non le porto quasi mai. Mi piacciono troppo le gonne leggere, l’aria che mi accarezza sotto, il pensiero di essere nuda in mezzo alla gente. Oggi ero uscita di fretta, solo per prendere due cose al supermercato. Una maglietta larga, una gonna estiva, sandali.
Nient’altro. Nessun reggiseno. Nessuna mutandina. Ero tranquilla. Fino a quando ho iniziato a sentire le gambe sfiorarsi mentre camminavo tra le corsie. Il carrello lo spingevo piano. Ogni movimento del mio corpo faceva sfregare la pelle tra le cosce, e la mia figa iniziava a pulsare. Ogni tanto mi passava davanti un uomo. Anziani, giovani, padri di famiglia. Nessuno mi toccava. Ma io li sentivo. Sentivo gli sguardi veloci, gli occhi che cadevano sulla mia scollatura o sul bordo della gonna quando mi piegavo.
Mi veniva voglia di toccarmi lì, tra i barattoli e i pacchi di pasta. Ma non potevo. Così stringevo le gambe, muovevo il bacino appena, facevo passare il carrello più veloce sul pavimento per sentire vibrare qualcosa. Nella corsia dei detersivi ho incontrato uno. Sguardo scuro. Braccia grosse. Avrà avuto trent’anni. Mi ha detto: “Scusi.” Solo quello. Ma io già bagnata. Ho fatto un passo indietro e gli sono passata vicina. Così vicina che ho visto il suo sguardo cadermi addosso.
Ero umida. Sentivo il calore tra le gambe aumentare. Il mio clitoride duro, le labbra gonfie, la pelle tesa. Mi sono morsa il labbro. Ho continuato a camminare tra le corsie e ogni passo mi accendeva di più. Quando ho visto la porta del bagno clienti, ho fatto finta di cercare qualcosa nella borsa. Poi sono entrata. Non c’era nessuno dentro. Ho chiuso la porta. Nessun rumore. Nessuna telecamera. Mi sono seduta sul water, ma con la gonna ancora tirata su. Ho aperto le gambe. Il mio odore era forte. Il mio respiro anche. Ho cominciato a toccarmi. Subito. Senza esitazione.
Due dita sul clitoride. Pochi cerchi e già gemevo. Non parlavo. Ma ansimavo come una puttana. Bagnata. Desiderata. Mi sono infilata un dito dentro. Poi due. Facevo rumore. Mi piaceva farlo. L’idea che qualcuno potesse sentirmi. Le gambe tese, il busto che si piegava in avanti. Mi leccavo le dita. Mi godevo ogni secondo. Il pensiero di essere stata in mezzo a tutti, senza mutande, bagnata, eccitata… mi faceva venire ancora più voglia.
Ho toccato i capezzoli. Durissimi. Mi spingevo dentro con forza. Sempre più forte. Fino a quando l’ho sentito arrivare. L’orgasmo mi ha travolta come un’onda. Ho dovuto chiudere la bocca con la mano per non urlare. Le gambe che tremavano. Il respiro spezzato. La figa pulsava ancora. Ma ero svuotata. Sudata. Sporca. Volevo restare lì. Ma sapevo di non poterlo fare. Mi sono alzata, mi sono sistemata. Ho camminato di nuovo tra la gente, col mio sapore ancora sulle dita. E con un sorriso sporco stampato in faccia.
Ma non mi bastava. Quel piccolo orgasmo nel bagno mi aveva solo stuzzicato. Avevo ancora la figa accesa, il corpo in fiamme, le gambe molli e la voglia che cresceva. Non pensavo a niente, solo a tornare in macchina. Avevo fretta. La busta della spesa mi batteva contro la coscia mentre camminavo nel parcheggio. Nessuno mi guardava, ma io mi sentivo esposta, nuda, aperta.
Quando ho chiuso la portiera, ho respirato forte. Mi sono passata la lingua sulle labbra. Poi ho allungato una mano nella busta. L’ho preso subito. Il cetriolo. Bello lungo, fresco, dritto. Appoggiato sulle cosce nuda, mi faceva impazzire. Il solo pensiero di usarlo mi ha fatto tremare. Mi sono tirata indietro sul sedile. Ho chiuso i finestrini. Ho abbassato lo schienale. Gonna su. Nessuno intorno. Il parcheggio quasi vuoto. Ho iniziato a toccarmi di nuovo. Piano. Solo con una mano. Il clitoride era già gonfio, la figa completamente bagnata. Sentivo il rumore delle dita che scivolavano, le gambe che si aprivano da sole.
Il cetriolo lo tenevo in mano, lo baciavo, lo facevo scorrere lungo le cosce. Poi l’ho spinto dentro. Lentamente. Era fresco. Lungo. Rigido. E perfetto. Ho gemuto appena ho sentito quanto entrava facile nella mia figa. Mi stavo scopando da sola. Nel parcheggio del supermercato. Con la verdura ancora nella busta accanto. Spingevo e tiravo, con il braccio teso, mentre con l’altra mano mi strofinavo il clitoride con furia. Il rumore dentro la macchina era solo il mio respiro, il mio corpo che si muoveva, la pelle bagnata che scivolava sul sedile. Pensavo a chi avrebbe parcheggiato accanto, a chi poteva vedermi.
E questo mi faceva impazzire. Spingevo più forte. Sentivo tutto dentro. Le pareti che stringevano, il culo che si alzava. La mano che mi vibrava sul clitoride. Un orgasmo violento, caldo, profondo mi ha attraversata. Ho urlato senza voce, con la bocca aperta. Tremavo ovunque. Ho lasciato cadere il cetriolo sul tappetino. E sono rimasta lì. Nuda, sudata, scopata. Da sola. Con la gonna alzata e il sapore della mia voglia ovunque. Ho acceso la macchina e sono tornata a casa.
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