L’estate in cui li abbiamo guardati… e poi ci hanno voluti in un’orgia
Io e Luca siamo arrivati in Sardegna con poche pretese. Solo voglia di sole, mare e silenzio. Niente hotel, niente resort, niente famiglie urlanti. Solo noi due, un po’ stanchi, un po’ arrapati, in cerca di libertà. Avevamo affittato una casa mobile in un campeggio immerso tra pini e ginepri, vista mare, con le cicale come sottofondo e nessun giudizio intorno. Piccola, spartana, ma bastava.
Cucinino, letto matrimoniale, doccia stretta, una terrazza di legno dove stavamo spesso nudi, o quasi. Lì tutto era più semplice. Il caldo, il contatto con la pelle, il vento tra le gambe. Io indossavo quasi sempre solo un pareo. Sotto? Nulla. Mi piace così. Sentirmi libera. Aperta. La cosa strana è successa la prima sera. Eravamo appena arrivati. Io sdraiata sul lettino, Luca seduto con un bicchiere di bianco in mano, occhi stanchi ma accesi.
Dalla casa mobile accanto arrivavano strani rumori. Non chiacchiere. Non tv. Gemiti. Veri. Sordi. Profondi. Una donna che godeva. Un uomo che la scopava forte. Ci siamo guardati. Nessuno ha detto niente, ma entrambi ascoltavamo. A un certo punto mi sono alzata per “andare a lavarmi i denti”, ma ho fatto il giro largo. Sono passata davanti alla loro finestra. Loro… stavano scopando. Con la luce accesa. La porta socchiusa.
Lei sopra di lui, nuda, capelli rossi spettinati, capezzoli duri. Lui sotto, muscoloso, mani sulle sue cosce. Spingeva. Forte. Lei gridava. E io ho sentito qualcosa che mi scoppiava dentro. Sono tornata con il cuore in gola. Luca mi ha guardata e ha sussurrato: “Hai visto?” Non ho risposto. Ma sì. Avevo visto. E avevo già le mutandine bagnate, se solo le avessi indossate.
Quella notte ci siamo scopati come due animali. Io piegata sul lavandino, lui che mi sbatteva senza dire una parola, come una vera zoccola. Con le immagini di quella scena nella testa. E le finestre aperte. I giorni successivi, le cose sono cambiate. Ci si salutava con discrezione. Due sguardi in più. Un sorriso troppo lungo.
Loro erano Andrea e Giulia. Insieme da dieci anni, ci hanno detto. Bellissimi, complici, liberi. Ci parlavano poco, ma con gli occhi dicevano tutto. La terza sera, mentre stavamo cucinando qualcosa sulla griglia comune, Andrea si è avvicinato. Aveva una birra in mano e un sorriso indecente. “Se vi va, stasera beviamo qualcosa da noi.” Luca mi ha guardata. Io ho detto solo: “Volentieri.” Avevo la figa che pulsava già solo all’idea.
Quando io e Luca entrammo nella loro casa mobile, c’era una tensione nell’aria che si tagliava a morsi. Andrea ci salutò con un sorriso aperto, nudo sotto una vestaglia leggera che lasciava intravedere ogni cosa. Giulia era già pronta: seduta sul divano, gambe accavallate, vestitino trasparente e niente sotto. Il suo sguardo era una carezza che pizzicava. Ci offrirono da bere. Le dita sfioravano bicchieri, ma anche ginocchia, polsi, sguardi. Eravamo lì per quello, e nessuno lo nascondeva.
Mi sedetti accanto a Giulia. Lei mi si avvicinò piano, come se volesse annusarmi. Il primo bacio fu lento, morbido, la sua lingua tiepida, sicura. Le sue mani intanto scorrevano sotto il mio vestito, trovandomi subito calda, bagnata, spalancata. «Niente sotto, eh…» sussurrò, leccandomi un orecchio. Andrea si inginocchiò tra le mie gambe e cominciò a baciarmi l’interno coscia, salendo fino a trovare la mia figa. La sua lingua era precisa, decisa. Mi aprì con due dita, poi affondò.
Luca intanto stava in piedi davanti a Giulia. Lei gli slacciò i pantaloni e prese il suo cazzo in bocca con fame, muovendosi lenta, poi più profonda. I suoi occhi su di me, mentre succhiava il cazzo a mio marito. La scena mi accese come non mai. Andrea mi fece alzare, mi voltò, mi mise a quattro zampe sulle coperte. Sentii la sua mano scorrere tra le mie natiche, accarezzarmi con dita leggere, esplorative.
La sua lingua arrivò subito dopo, lenta, circolare. Non c’era fretta, solo desiderio. Leccava, preparava, allentava. Una mano sul mio ventre, l’altra sul fianco, e poi sentii il suo respiro. Il suo cazzo che premeva, cercava spazio. Entrò piano. Un gemito, il mio, lungo, caldo. Non era la prima volta, ma quella sera sembrava più profondo. Sentivo il mio corpo aprirsi, tremare, sciogliersi. Ogni spinta era lenta ma decisa. Mi scopava con attenzione, ma senza pietà.
Luca, intanto, era dietro Giulia. La prendeva con forza, i colpi profondi, lei piegata in avanti, i capelli tirati tra le sue dita. Poi si voltò, mi guardò, e disse piano: «Posso guardarti mentre vieni così?» Andrea spinse più forte. Io ansimavo, mi perdevo. Avevo il cuore che scoppiava, il ventre che si stringeva. Le dita di Giulia tornavano sul mio clitoride. Era tutto troppo. Ed era perfetto. Venni con un grido che tentai di trattenere, ma mi si sciolse in gola.
Poi toccò a Luca. Mi prese tra le braccia, mi baciò ovunque. Mi portò sul divano e mi fece sedere su di lui. Mi muovevo lenta, poi sempre più veloce. E quando lo guardai negli occhi, capii che non si sarebbe fermato lì. Sussurrai io, mentre gli guidavo le mani dietro di me. Lo sentii spingere piano, poi entrare nella mia figa gia aperta e usata. Le sue mani sulle mie anche, la fronte sulla mia spalla. Mi prese così. Con calma. Con calore. Fino a farmi urlare di nuovo.
Andrea nel frattempo prendeva Giulia da dietro, mentre lei mi leccava il seno, mordendomi i capezzoli, stringendomi i fianchi. Il letto scricchiolava, la stanza era piena dei nostri gemiti, del rumore della pelle che batteva sulla pelle. Finimmo in un groviglio. Sudati. Stanchi. Appiccicati. Con il respiro ancora a metà. E nessuno disse una parola. Solo sorrisi lenti. Sguardi lucidi. E la consapevolezza che da quella notte in poi… eravamo diventati altro dopo quella orgia.
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